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Gli Elmi Cornuti


Con questo breve intervento di Angela Demontis, il CeSim/APS è lieto di inaugurare una nuova rubrica che vuol essere uno spazio aperto a tutti i soci, con interventi nelle varie discipline di competenza.

Uno spazio di riflessione e divulgazione, con diversi punti di vista, su argomenti che riguardano l’Archeologia ma anche la Scienza in generale, l’arte, la tecnologia, fino ad arrivare all’attualità.

Articoli con spunti interessanti per intessere nuovi dialoghi tra diverse realtà anche nell’ottica della collaborazione multidisciplinare.

Giuseppa Tanda, Presidente del CeSim/APS




Già a partire dai miei primi studi tecnico artistici mirati alla ricostruzione di abiti, armi ed armature dei bronzetti sardi (Il Popolo di Bronzo, Condaghes 2005, e mostra omonima del 2008-2010), notai che alcuni personaggi ritrovati in Sardegna avevano elementi simili, o verosimilmente riconducibili, ad elementi comuni in uso in alcune rappresentazioni del mondo proto-celtico e delle antiche culture delle regioni del nord Europa. In particolare, riguardo al bronzetto ritrovato nel territorio di Padria (SS), che ribattezzai per l’appunto “Guerriero di Padria”, sulla scheda del libro misi in rilievo che l’elmo indossato, con lunghe corna arcuate e con le punte ricoperte da “Pomelli”, le piccole spade infisse nello scudo con elsa a forma di X, le spirali decorative ridondanti, mi ricordavano per il loro design dei reperti trovati in nord Europa.


Quando ho ricostruito a grandezza reale questo personaggio, con elmo ed altri dettagli in bronzo, ho inserito nel suo pannello esplicativo i rimandi nel testo ed in fotografia con i bronzetti danesi.


Per quanto riguarda la corazza, indossa una particolare giacca striata ed una specie di tunica munita di rinforzi nel bordo inferiore, che ritroviamo anche nel celeberrimo bronzetto di Demone con quattro occhi e quattro braccia ritrovato ad Abini (Teti), che ribattezzai “Guerriero mascherato” rilevando che forse la ridondanza di occhi ed arti poteva rappresentare una sorta di mascheramento orrido. L’abito di questi due guerrieri somiglia moltissimo a quello indossato da un personaggio ritratto nel calderone di Gundestrup (che incredibilmente porta in testa pure un elmo con le corna pomellate!). Però questo splendido calderone in argento è datato intorno al II/I sec a.C. Come è possibile che una simile usanza sia potuta perdurare in un così ampio arco temporale e di distanza geografica?


Gli artigiani che hanno realizzato quei due bronzetti sardi chi hanno voluto rappresentare? Il personaggio di Padria rappresentava forse qualcuno con cui le popolazioni locali erano venute in contatto? Erano “mode” comuni, divulgate nel tempo?

Per rispondere a queste domande è fondamentale il lavoro svolto dagli archeologi che studiano ogni reperto dal punto di vista scientifico, cioè a partire dallo scavo fanno un enorme lavoro di ricostruzione delle vicende susseguitesi nel tempo, come dei veri e propri investigatori. Il reperto va inquadrato nella situazione sociale e politica dell’epoca di produzione, e considerando tante altre importanti dinamiche.

La recente notizia della ricerca sui due elmi danesi, detti elmi di Viksø, sta dando forse nuova luce sui possibili percorsi commerciali, dei metalli e non solo, e la possibile diffusione di peculiari elementi culturali dei popoli vissuti fra la fine dell’età del Bronzo ed inizio dell’età del Ferro in Europa.


La bellissima ed interessante ricerca portata avanti da Valentina Matta della equipe della Università di Aahrus, con Helle Vankilde, Heide Wrober Nørgaard e Laura Ahlqvist, restituisce anche una nuova datazione per questi elmi (circa X sec. a.C.) che prima, proprio a causa della presenza delle corna, venivano erroneamente attribuiti all’era vichinga (circa VIII secolo dopo Cristo).

Ma i Vichinghi in realtà non portavano elmi cornuti (erano fatti in ferro con calotta ogivale, dotati di para naso, talvolta di semi maschera frontale, per esempio il “Vendelhelm”) e la errata attribuzione delle corna si ebbe in seguito ad una rappresentazione scenica teatrale, chi dice nel XVII secolo, e chi dice invece nel IX secolo per la messa in scena di un'opera wagneriana dove uno scellerato costumista sbagliò la foggia degli elmi aggiungendo le corna.


Gli elmi di Viksø sono fatti di bronzo, con la calotta emisferica, formata da due parti saldate fra loro, in lamina lavorata a sbalzo a tutto tondo che ha la superficie decorata da piccole bugne in rilievo (bugnatura del metallo ottenuta tramite punzonatura). Sono dotati di due vistose corna ricurve anch’esse di bronzo, innestate su basi di bronzo rivettate alla calotta. Le punte delle corna sono cave e tronche, con un innesto dove le ricercatrici hanno rilevato del materiale (un mastice/resina) atto a fissare dei probabili orpelli decorativi, forse delle piume. Il materiale è stato datato col metodo del C14 al X sec. a.C.


Nella parte frontale degli elmi si vede una decorazione che riproduce forse due occhi circolari dotati anche di sopracciglia (e qui vien fatto il riferimento agli occhi rotondi della statuaria di epoca nuragica, da alcuni tipi di bronzetti fino alle sculture di Mont’e Prama). Fra i due occhi vi è una specie di protuberanza uncinata (quasi un inizio di spirale), una specie di “becco” che le ricercatrici riconducono alla iconografia della associazione corna taurine-uccelli anch’essa visibile su alcuni bronzi nuragici.


Per quanto riguarda il “becco frontale”, vorrei fare una mia piccola osservazione notando che spesso gli elmi dei bronzetti nuragici che portano le corna hanno anche una sorta di protuberanza frontale più o meno accentuata, alcuni anche una sorta di visiera, riscontrabile anche nei personaggi di Padria ed Abini, ovviamente un particolare reso in maniera semplice vista la piccola dimensione delle statuette e la difficoltà nel modellare l’originale (in cera, argilla o altro materiale) destinato alla realizzazione del pezzo in metallo.


Non finisce qui, entrambi gli elmi danesi hanno sulla sommità un elemento di raccordo piatto a forma di croce che, verosimilmente, aveva la funzione di tenere solidali e sicure le due metà della calotta, già saldate fra loro. Il becco ad uncino è fissato sulla parte frontale di questa placca. Inoltre, sempre sulla placca a croce vi è una incisura sommitale, che percorre la cima dell’elmo, che ha fatto pensare ad un innesto per una probabile cresta, e a destra ed a sinistra della incisura ci sono due innesti dove si potevano fissare altri orpelli decorativi (lunghe piume?). Gli elmi sono inoltre decorati nel bordo in basso da una serie di punti sempre lavorati a sbalzo che ne descrivono tutta la circonferenza, terminando in vezzosi riccioli sia nella parte anteriore che in quella posteriore. Sono privi di para naso.


Le ricercatrici assimilano questi elmi ad alcune rappresentazioni di guerrieri cornuti incise su steli ritrovate nel sud della spagna ed in Sardegna coi nostri bronzetti, come una sorta di filo comune (“moda”?) forse legato ai popoli che veicolavano il commercio dei metalli nell’età di fine Bronzo inizio Ferro.

Questa interessantissima notizia purtroppo è stata un po’ travisata da alcune testate giornalistiche riportando che “gli elmi vichinghi erano nuragici”, fomentando il filone già burrascoso della presunta identità storica rubata ai sardi.

Dei vichinghi abbiamo già detto sopra, il problema popolare di “tutti gli elmi cornuti sono nuragici” sorge a causa della errata Percezione Visiva che le persone hanno della realtà e degli oggetti.

La teoria della Percezione Visiva, che è parte integrante della teoria della Gestalt (Serge Ginger, Rudolf Arnheim), è la codificazione in termini scientifici di ciò che l’essere umano percepisce del suo ambiente. La percezione di se stessi e di ciò che ci circonda è strettamente legata a fattori culturali ed ambientali, alle esperienze avute dall’individuo, ed ha un valore soggettivo per ognuno di noi. Questa codificazione in termini oggettivi del fenomeno cognitivo è fondamentale negli studi artistici perché permette di avere degli strumenti per analizzare un oggetto, o un soggetto, imparando a descriverlo mettendone in luce tutti i dettagli.


Per fare un esempio, la maggior parte delle persone tende a fissare a mente un solo dettaglio di un oggetto osservato facendolo diventare macroscopico rispetto agli altri dettagli, che vengono “eclissati”. In seguito a questo si tende a dire che due oggetti siano uguali, anziché dire che sono “simili ma con le dovute differenze”. Così succede nel nostro caso specifico nella cultura popolare sarda con la questione degli elmi, se hanno le corna allora sono tutti nuragici. Per spiegare meglio: il bue e la capra sono sì entrambi dotati di corna ma non per questo sono lo stesso animale!

Nell’analisi oggettiva vanno esplicitati tutti gli elementi, dopo di che si possono tirare delle possibili conclusioni che possono dare input a diverse soluzioni.

Tornando all’elmo indossato dal Guerriero di Padria, oltre alle corna coi pomelli, si nota che in cima ha ben visibile una specie di cresta con doppia punta e la calotta risulta contornata in orizzontale da una fascia in cui è inserita frontalmente la protuberanza di cui ho scritto prima (lo stesso tipo di cresta fu scolpito negli elmi cornuti rappresentati su alcune statue di Mont’e Prama che rappresentano guerrieri armati di corazza, spada e scudo).


La doppia cresta si vede, con variazioni in dimensione e curvatura, associata alla presenza delle corna sugli elmi di altri bronzetti sardi, con eccezione di quello indossato dal personaggio ibrido (mezzo uomo e mezzo animale) noto come il “Toro di Nule”. Il suo particolare elmo ha la calotta di forma ogivale, dotata di corna rivolte in avanti e con un orpello inclinato in avanti posto sulla cima dell’elmo; tale orpello è dotato di due elementi laterali simili a delle alette. Questo elemento fa da supporto ad un pennacchio ingigantito che scende verso il volto del personaggio. Nella vista posteriore si notano due fasce che partono dalla cima dell’orpello e scendono verso il collo e le spalle del personaggio. L'elmo sembra inoltre dotato di una sorta di paragnatidi.

Tornando alla doppia cresta, o potremmo meglio dire cresta a due punte, sembrerebbe una caratteristica peculiare propria dei bronzetti sardi. Un orpello distintivo probabilmente frutto di una rielaborazione locale di un elemento distintivo.

Nel Mediterraneo dell’antichità il fatto di indossare o di rappresentare l’elmo con trofeo cornuto era comune anche ad altre popolazioni; ne sono esempio alcuni tipi di elmi Micenei che vengono rappresentati in dettaglio dipinti sul vaso detto “dei Guerrieri” (circa XII sec. a.C.) conservato al museo di Atene. Questi elmi inoltre hanno il para naso, poi la parte posteriore scende a proteggere la base del cranio come para nuca, e sono dotati di paragnatidi. Sulla sommità, oltre al paio di corna, si nota un alto orpello che, visto di profilo sembra una forma a lama di scure, ma molto probabilmente in visione tridimensionale rappresenta il finale a “torretta” tipico di altri elmi micenei raffigurati in piccole sculture. Si nota anche una sorta di pennacchio a coda che pende posteriormente e la superficie dell’elmo (orpello sommitale compreso) è decorata da cerchietti (bugne? borchie?).


Altri elmi cornuti sono visibili su un paio di bronzetti ciprioti da Enkomi: l'elmo di un personaggio ha la calotta di forma ogivale, lavorata a piccoli bozzi (bugne? borchie?), con ampie corna curve innestate quasi frontalmente; l’elmo dell'altro personaggio (quello ritratto in piedi su di un lingotto ox-hide) ha anch’esso una calotta ogivale ma molto più accentuata con superficie liscia ed è dotato di brevi corna rivolte in avanti, il bordo frontale è sagomato con accenno di para naso. Entrambi i bronzetti sono datati intorno al XII sec. a.C.

Ancora, altri personaggi che sfoggiano elmo cornuto sono gli ormai leggendari Sherden, o Shardana che dir si voglia, raffigurati in alcuni bassorilievi in Egitto (tra il XIII ed il XII sec. a.C.) come ad Abu Simbel, nella battaglia di terra condotta da Ramses II contro gli Ittiti a Qadesh, ed a Medinet Habu nella battaglia navale di Ramses III contro i Popoli del Mare, ed in altre raffigurazioni. L'elmo portato da questi personaggi è in genere rappresentato con una calotta semplice dove sono innestate delle piccole corna, sono assenti altri orpelli o elementi sommitali, tranne nel caso dei mercenari assoldati dal faraone Ramses II che portano in cima all’elmo il disco solare come simbolo di riconoscimento.


Altri esempi ancora sono i personaggi raffigurati in alcune steli menhir in pietra ritrovate nel sud della Corsica, a Filitosa, che secondo gli studiosi potrebbero rappresentare proprio gli Sherden. Gli artefici hanno scolpito le steli rappresentando delle figure con elmi a calotta semplice che presentano dei fori atti ad alloggiare verosimilmente un paio di corna.


Come detto sopra, il fatto che un elmo abbia le corna non significa che appartenga per forza alla civiltà nuragica, bisogna guardare anche gli altri dettagli, e soprattutto le datazioni dei reperti, che possono aiutare a capire se popolazioni apparentemente distanti fra loro abbiano avuto la stessa “idea” contemporaneamente oppure se in qualche modo le usanze si possano essere spostate e diffuse nel tempo col susseguirsi dei traffici commerciali e delle correnti culturali.

E c’è anche un altro fattore molto importante e da non sottovalutare: bisogna tenere conto delle possibili interpretazioni soggettive che gli artigiani hanno aggiunto nella manifattura delle rappresentazioni. Infatti non è detto che l'artigiano abbia visto di persona il personaggio che ha poi ritratto. Potrebbero essere rappresentazioni frutto di racconti di terzi poi reinterpretati, o di miti e leggende, e con l'aggiunta di elementi inventati o con l'enfatizzazione di alcuni dettagli ingigantiti a discapito di altri considerati meno importanti (si ritorna sempre alla percezione visiva della realtà legata a fattori culturali propri).


Gli studi degli archeologi e le loro nuove ricerche ci aiuteranno a ripercorrere correttamente il filo degli avvenimenti storici, a capire la valenza simbolica di questi elmi, il loro significato forse sacrale o politico, l’eventuale valore magico rituale, tutti elementi strettamente legati alle dinamiche delle società di quel lontano passato.

Mi piace pensare che il lavoro degli archeologi e degli artigiani/artisti sia strettamente legato in una sorta di sinergia, perché i primi riportando alla luce e studiano adesso i lavori prodotti dai secondi nel passato, e gli artigiani/artisti di oggi producono opere che verranno riportate alla luce e studiate dagli archeologi del futuro. In ogni modo l’Arte vince sempre.


@ Angela Demontis

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